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15 Luglio 2014

LA STORIA DI BOL, FIGLIO DI UN “SURROGATO”

La storia di Bol è particolare, vittima di circostanze sfavorevoli. Suo padre, infatti , è un padre “surrogato”. Secondo antiche tradizioni, quando una donna rimane vedova, uno dei fratelli del marito la prendono con sè per non disonorare il fratello morto, diventando così un “surrogato” di marito. Il padre “surrogato” le ha dato 6 figli, ma dato che non è proprio sua moglie, se ne disinteressa. La madre (Ayuang Chok), si deve prendere cura di Bol e dei suoi fratelli da sola. Lavora solo occasionalmente e a volte riesce a distillare e vendere un po’ di gin e alcol, ma spesso non ha di che sfamare i figli.

Bol è nato nel dicembre 2013 ed era pieno di vita. La mamma però, ha dovuto presto interrompere l’allattamento al seno perché a causa della denutrizione non aveva più latte e la salute di Bol ha cominciato presto a deteriorarsi. Lei lo portò a tavola con il resto della famiglia, ma il cibo scarseggiava , e in alcuni periodi era difficile avere cibo per giorni interi.

La madre, disperata, ricorre allora all’estrazione di succo di Tamarindo , per nutrire ii suoi figli. Una scelta evidentemente sbagliata, che ha subito infiammato seriamente l’apparato digerente di Bol e dei suoi fratelli. Bol ha cominciato a vomitare, avere febbre e diarrea, e dopo 6 settimane , la madre si è decisa a portarlo all’Ospedale di Marial Lou.

Al suo arrivo, il 26 giugno scorso, gli è stato diagnosticato una malnutrizione acuta grave, con polmonite e anemia. Il piccolo è stato subito inserito nel trattamento alimentare dell’ ospedale bol1(a base di latte NAN) ed stato curato per la polmonite e l’anemia.

Purtroppo Bol, anche se è fuori pericolo, sta recuperando molto lentamente, a causa della scarsità di cibo terapeutico nell’ospedale.

Le difficoltà di trasporto, a causa del conflitto, e soprattutto le sempre più numerose bocche da sfamare che ogni giorno questa emergenza porta all’Ospedale stanno infatti esaurendo le scorte. E l’impossibilità di coltivare e produrre creali e farine, sta mettendo in ginocchio un’intera popolazione.

Ogni giorno, senza pause, medici, operatori, volontari e missionari lavorano per accogliere, curare e salvare uno per uno quei bambini. OGNI GIORNO, NOI POSSIAMO AIUTARLI.

 

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