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12 Ottobre 2015

STATO POLVERIZZATO

12/10/2015 – Da 10 a 28 stati all’interno del Sud Sudan. La decisione, annunciata nei giorni scorsi dal presidente Salva Kiir, getta nuove ombre sul suo governo e sull’effettiva efficacia del trattato di pace firmato appena due mesi fa.

La nuova federazione di stati voluta da Kiir dovrebbe servire a «decentralizzare il potere e renderlo più vicino alle popolazioni periferiche». L’annuncio del presidente sud sudanese ha suscitato le proteste dell’ex vice presidente Riek Machar, secondo il quale si tratta di una mossa unilaterale che costituisce una violazione del trattato di pace firmato ad agosto per mettere fine alla guerra civile scoppiata nel dicembre 2013.

Ma le critiche non arrivano soltanto dall’opposizione. «Avrei preferito sentire il governo prendere misure per salvaguardare la sicurezza dei cittadini invece che annunciare la creazione di 28 stati» ha affermato al Catholic Radio Network Catherine Pita, responsabile della Eve Organization for Women Development, una ong che opera per il miglioramento della condizione delle donne sud-sudanesi. «Il problema attuale non è affatto la creazione di nuovi Stati» ha aggiunto. «Come Sud-sudanesi abbiamo molti altri problemi da affrontare, per esempio i tanti omicidi che avvengono, in particolare a Juba, anche in pieno giorno. Per cui preferirei che si affrontasse questo prima di pensare a dividere la nazione».

Padre Daniele Moschetti, missionario comboniano di stanza a Juba, in occasione di una conferenza tenutasi a Verona a inizio ottobre, ha espresso grande preoccupazione per l’annuncio di questa federazione: «Come saranno gestiti i nuovi stati, dal momento che non esistono persone qualificate per svolgere cariche amministrative di questo genere nemmeno a livello governativo?». E ha proseguito: «Con la formazione dei nuovi stati si creeranno inevitabilmente nuovi confini etnici; questo, unito al riarmo generale della popolazione che sta avvenendo, è molto pericoloso, dal momento che porta il conflitto fuori dalle tre regioni calde – Jongley, Upper Nile e Unity – estendendolo a tutto il Sud Sudan, con un alto rischio di polverizzazione della guerra e dell’odio interetnico».

 

(fonti: Catholic Radio Network, Agenzia Fides)

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