Geografia
La storia di CESAR è profondamente legata al Sud Sudan, che tutt’oggi costituisce il nostro principale territorio d’intervento. Si tratta di un Paese senza sbocco sul mare, con una superficie totale di poco inferiore a quella della Francia (620.000 km quadrati), collocato nell’Africa centro-orientale, confinante con l’Etiopia ad est, il Kenya a sud-est, l’Uganda a sud, la Repubblica Democratica del Congo a sud-ovest, la Repubblica Centrafricana a ovest e la Repubblica del Sudan a nord.
Il Sud Sudan e la sua popolazione
Con i suoi 12 milioni di abitanti, il Sud Sudan è diviso in 10 regioni, ulteriormente frammentate in 28 aree amministrative per mano del presidente Kiir nel 2015. Pesantemente influenzato dalla guerra, il Paese ha subìto il mancato sviluppo delle infrastrutture, e la distruzione di quelle esistenti ne ostacola tutt’ora la crescita. Le guerre civili succedutesi negli ultimi 50 anni hanno provocato più di 2 milioni di vittime e oltre 4 milioni di rifugiati.
Il Sud Sudan, o Repubblica del Sud Sudan, ha come capitale Juba con i sui 479.000 abitanti. Sono tante le etnie che si trovano in Sud Sudan. Tra di loro i Denka (35%-40%), i Nuer (15%), Bari (3%), Azande (3%), Shilluk-Anwak (3%), Lotutu, Kuku, Mundari, Kakwa, Pojulu, Moru, Acholi, Madi, Lulubo, Lokoya, Toposa, Lango, DiDinga, Murle, Nakaraka Jur, Kaliko, Bviri e altri.
Aspettative di vita e istruzione
L’età media della popolazione sud sudanese è di 18,7 anni con una speranza di vita pari a 57 anni (dati relativi al 2024). Per quanto riguarda la mortalità infantile per i bambini sotto i 5 anni è pari 99/1000. Per quanto riguarda l’istruzione facendo un’analisi sulla popolazione con età superiore ai 15 anni, si attesta al 65%, mentre il 70% dei minori non frequenta le scuole elementari e superiori. Sono 9,1 milioni i sud sudanesi che stanno affrontando livelli critici di insicurezza alimentare. L’esistenza dei sud sudanesi è messa a dura prova dalla instabilità politiche, dai conflitti, ma anche le continue inondazioni mettono a repentaglio la vita dei sud sudanesi, in quanto non solo le case vengono spazzate vie dalla furia delle piogge e delle inondazioni, ma anche i campi coltivati vengono distrutti. Si è calcolato che negli ultimi anni le piogge hanno provocato un innalzamento del livello del Nilo, facendo aumentare le inondazioni che ogni anno colpiscono in media 1milione di persone.
Storia
Unito al Sudan sotto il dominio anglo-egiziano fino al 1956, il Sud Sudan diventa regione autonoma dopo la prima guerra civile sudanese (1972-1983). Una seconda guerra contro il governo di Khartoum segna la storia del Paese fino al 2005, anno dell’accordo globale di pace con cui si dava avvio alla formazione di un governo autonomo. In seguito a un referendum popolare vinto con il 98% dei voti, il Sudan del Sud passa ufficialmente a Stato indipendente il 9 luglio 2011, diventando il 193esimo Stato membro dell’Organizzazione delle Nazioni Unite e la 53esima nazione del continente africano. Nel dicembre 2013 il Paese ricade in un sanguinoso conflitto etnico tra le forze governative del presidente Salva Kiir, di etnia dinka, e quelle fedeli all’ex vicepresidente Riek Machar, di etnia nuer, con conseguenze devastanti sul piano sociale, economico e soprattutto umanitario, con migliaia di vittime e sfollati. Sono 2,3 milioni i sud sudanesi richiedenti asilo politico nei paesi vicini, mentre altri 1.566.603 sono già rimpatriati spontaneamente.
Dopo l’Indipendenza del 2011
Dopo l’Indipendenza del 2011, già a gennaio 2012 nelle Stato di Jonglei ci furono scontri interetnici. Il Sud Sudan ferma la produzione di petrolio e a febbraio Khartoum mette uno stop alle esportazioni di petrolio del Sud Sudan. Le tensioni e gli scontri nelle zone petrolifere persistono e vengono sospese le trattative con Addis Abeba.
Nel 2013 Juba e Khartoum trovano accordo per la ripresa dell’estrazione ed esportazione del petrolio e raggiungono accordo per il ritiro dei soldati presenti nelle zone di confine contese. A luglio il presidente Kiir rimuove il vicepresidente Machar e licenzia tutti i ministri e nel nuovo governo formato da Kiir viene escluso Machar. A fine anno Kiir accusa Machar di aver messo a punto un colpo di Stato. Questo scatena di nuovo la guerra civile, con aumento del numero degli sfollati e la crescita della carestia che mettere a rischio migliaia di vite.
A gennaio 2014 viene firmato un cessate il fuoco che però non viene rispettato. I confronti per la pace in corso ad Addis vanno avanti per mesi, ma non arrivano a nulla e i combattimenti proseguono per 29 mesi con 50mila nuove vittime e 4 milioni di sud sudanesi in fuga dai propri villaggi.
Nel 2015, le parti in guerra, grazie anche alla pressione fatta dalla comunità internazionale, formano un accordo di pace. Esso prevede la fine immediata della guerra e l’insediamento, entro 90 giorni, di un insediamento di un governo transitorio di unità nazionale.
Nel 2016 Kiir reintegra Machar nel governo come vicepresidente e poco dopo lo licenzia ancora. I costanti scontri determinano per il neonato Stato un vero e proprio collasso economico.
Nei primi mesi del 2017 c’è emergenza fame in diverse zone del Sud Sudan e a maggio il presidente Kiir emette il “cessate il fuoco unilaterale”, varando un “dialogo nazionale”. Entro fine anno 4,8 milioni di sud sud sudanesi necessitano di aiuti alimentari; mentre 1,8 milioni sono a limite della carestia.
Il 2018 è l’anno, sembra della svolta, quando a settembre Kiir firma un accordo di pace con Machar mettendo la parola fine ad una guerra civile durata 5 anni con 400mila morti, 2,5 milioni di rifugiati e circa 22 milioni di sfollati interni.
Ad aprile 2019 il presidente Kiir, il vicepresidente Machar e il secondo vicepresidente Rebecca Garang sono in Vaticano per un ritiro e qui Papa Francesco bacia loro i piedi invitandoli a vivere in pace, allontanando la guerra. Dopo un accordo tra le parti, Kiir e Machar posticipano di altri 100 giorni la formazione del governo transitorio.
Febbraio 2020 Machar torna a essere il primo vicepresidente, ma i negoziati per il governo di unità si bloccano. Durante l’anno ci sono casi di Covid, ma i maggiori pericoli di sopravvivenza sono causati delle alluvioni che sfollano le persone e che causano grave carenza di cibo.
A inizio 2022 ci sono scontri interetnici nell’area di Abyei con 100mila nuovi sfollati.
A febbraio 2023 papa Francesco arriva a Juba per dare coraggio e sostegno al processo di pace. Nel frattempo continuano gli scontri nella regione di Abyei.
Nel 2024 è sospesa l’esportazione di petrolio attraverso il Sudan (a causa della guerra in Sudan). A settembre vengono rimandate di due anni le elezioni generali per ritardi nei processi istituzionali. Nello stesso anno si diffonde un’epidemia di colera nello Stato dell’Alto Nilo.
Il 26 marzo 2025, dopo diverse settimane di scontri fra l’esercito governativo (che fa capo al Presidente Salva Kiir) e le milizie fedeli al Vice presidente (appartenente al partito opposto a quello del Presidente), è stato arrestato il Vice presidente Riek Machar. Questo fa tornare il caos in Sud Sudan in quanto è una lampante violazione dell’accordo di Pace firmato nel 2018.
A Maggio 2025 10.000 profughi sudanesi e rimpatriati sud sudanesi sono arrivati ad Aweil (Sud Sudan), dalla regione contesa di Abyei (sul confine tra Sudan e Sud Sudan), dove vivono in condizioni precarie sia dal punto di vista sanitario che alimentare.
Economia
Il Sud Sudan in cammino tra risorse e precarietà
Nonostante sia ricco di risorse quali legname, petrolio, ferro, rame, cromo, zinco, tungsteno, argento e oro, il Sud Sudan ha una delle più deboli economie del mondo. Carente di infrastrutture, la giovane nazione ha anche il più alto tasso di mortalità neonatale e di analfabetismo femminile. I suoi abitanti vivono soprattutto in aree rurali dove praticano un’agricoltura di sussistenza, l’allevamento e la pastorizia. Le infrastrutture sono pressoché assenti: non ci sono servizi idrici, né elettrici; il servizio di ospedali e scuole è per la maggior parte erogato dalle organizzazioni di cooperazione internazionale e dalle chiese locali attraverso le missioni. Le strade in Sud Sudan sono quasi completamente sterrate, e rese impraticabili dalle inondazioni frequenti durante il periodo delle piogge (aprile – settembre). Su tutta la superficie nazionale si contano soltanto 100 chilometri di strade asfaltate.
Nonostante l’indipendenza, rimangono aperte alcune controversie con il Sudan del nord, in particolare la ripartizione dei proventi del petrolio. I giacimenti si trovano per l’80% in Sud Sudan: questo potrebbe rappresentare un incredibile potenziale economico in un’area fra le più povere al mondo. La maggior parte degli impianti di raffinazione, tuttavia, si trova al nord. Per questo la regione di Abyei rimane ancora disputata tra le due parti.
I diversi settori dell’economia sud sudanese tra risorse interne, esportazioni e importazioni
Diamo ora una visione più dettagliata di quelle che sono alcuni degli elementi che caratterizzano l’economia del Sud Sudan, non solo uno degli Stati più giovani al mondo, ma anche tra i più poveri del globo. Nonostante questo stato di povertà le risorse naturali non mancano e tra di esse ricordiamo: energia idroelettrica, terreni agricoli fertili, oro e diamanti, petrolio, calcari, minerali di ferro, rame, minerale di cromo, zinco, tungsteno, mica, argento, legni duri. Per quanto riguarda il settore della terra e dell’agricoltura tra i prodotti spiccano sorgo, mais, riso, miglio, grano, caucciù, canna da zucchero, manghi, papaie, banane, patate dolci, girasoli, cotone, sesamo, cassava, verdure, arachidi e per il settore animale: bovini e ovini.
Attivo anche il settore delle esportazioni con i prodotti prodotto grezzo, petrolio raffinato, oro, colture foraggere, orzi. A libello di importazioni entrano nel Paese: attrezzature elettriche, caldaie, macchinari, preparati alimentari, veicoli e pezzi di ricambio, bevande, alcolici, aceto e prodotti farmaceutici.
Fotografie
Fonti
Dossier Nigrizia gennaio 2025